Rischio Italia – come proteggersi?

E’ indubbio che negli ultimi mesi è aumentato il flusso di italiani alla ricerca di protezioni del proprio patrimonio finanziario. Ce ne accorgiamo direttamente non solo per gli italiani presso le filiali in Ticino, ma anche e soprattutto per le visite al nostro sito e l’acquisto della guida Conto in Svizzera, che permette in poco tempo di farsi un’idea completa di quali sono i requisiti per aprire un conto in Svizzera e di tutte le incombenze, incluse quelle fiscali, necessarie.

Anche i media italiani negli ultimi tempi hanno dato ampio risalto al fenomeno. Ovviamente a partire dal Sole 24 Ore che ha dedicato un recente numero di Plus24, il settimanale di approfondimento del sabato, sul rischio Italia e i possibili mezzi per proteggersi.

L’articolo centrale,”Rischio-Italia, quando il paracadute si cerca in asset esteri” spiega velocemente il fenomeno:

Così nelle ultime settimane sono numerosi quelli che sono andati a Lugano con l’idea di mettere al riparo la propria liquidità (in particolare chi ha capitali tra 200/300 mila euro) non tanto e non solo per paura dello spread ma anche per mettersi al sicuro da scenari remoti come quello di un possibile prelievo forzoso.
Negli ultimi mesi però si è mosso anche chi ha grossi patrimoni (imprenditori, manager, professionisti insomma coloro che hanno ricchezze finanziarie sopra i 500 mila euro). Molti di questi da tempo si sono organizzati e hanno investito secondo la logica della diversificazione. Ma la spinta a farlo ancora di più si è rafforzata con la percezione di un aumento del rischio Italia. «La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane supera i 4mila miliardi ed è molto concentrata. Quindi, una eventuale manovra fiscale di prelievo forzoso del 10 o 20{cfaa4a40fd1a60bc21675abdbe42038c1fd85cb1b875307fe9a29967d6ec50ce} – spiega Massimo Arrighi, partner di AtKerney – sui patrimoni più elevati, ad esempio oltre il milione di euro, seppur non auspicabile e con potenziali effetti collaterali molto negativi, potrebbe valere diverse centinaia di miliardi per lo Stato». “Nell’ultima settimana sette telefonate su 10 hanno riguardato questo tema” – racconta un amministratore delegato di una grande banca private internazionale.

Un precedente articolo sempre sul Sole 24 Ore, ben inquadrava chi sono gli italiani che stanno pensando ad un conto all’estero:

… molte testimonianze raccontano che un’uscita di patrimoni italiani dai confini nazionali è già iniziata. Non stiamo parlando di speculatori. Di Soros. Ma di comuni signori Rossi. Semplicemente – a torto o ragione – preoccupati.
Numeri ufficiali non esistono per descrivere il fenomeno, ma Il Sole 24 Ore ha contattato molti banchieri, private banker e gestori di patrimoni di famiglie italiane. E tutti lo confermano con la loro esperienza diretta: non pochi italiani facoltosi stanno spostando (o anche solo pensando di spostare) una parte maggiore della loro ricchezza fuori dai confini nazionali. Più di quanto non sia già fuori. Per ora non si tratta di numeri importanti. Sia chiaro. Ma l’idea di portare soldi all’estero sta seducendo sia le famiglie ricche (secondo i dati di Aipb rappresentano l’1,5{cfaa4a40fd1a60bc21675abdbe42038c1fd85cb1b875307fe9a29967d6ec50ce} della popolazione ma possiedono ben 800 miliardi di euro) sia quelle semplicemente benestanti (con patrimoni da 100-200mila euro). Giustificato o meno che sia il timore di alcuni, il fenomeno esiste. …
Secondo Massimo Gionso, consigliere delegato di Cfo Sim, oggi i più interessati ad aprire un conto corrente all’estero sono coloro che vogliono spostare dai 100 ai 200 mila euro. Piccole somme decisamente poco appetibili per le grandi banche.

Nei vari articoli sono riportate diverse soluzioni. In particolare si intervista il Segretario Generale AIPB (Associazione Italiana Private Banking) che punta soprattutto a soluzioni, spesso costose, che guarda caso hanno in casa i private bankers. Così come fa il rappresentante di una banca fiduciaria che punta sui servizi offerti:

… ma ai tanti che chiamano in cerca di informazioni prospettiamo tre soluzioni». Le soluzioni sono: aprire in autonomia un conto all’estero con tutti gli oneri contributivi che ne seguono (indicazione nel quadro RW della dichiarazione), ricorrere ad una fiduciaria italiana per gestire una relazione su sistema bancario estero (la fiduciaria è sostituto di imposta) oppure l’apertura un conto a nome del cliente su intermediario estero con contestuale mandato ad una fiduciaria senza intestazione.

Altri pezzi si occupano invece specificatamente della Svizzera. E’ il caso dell’articolo di Repubblica sulla corsa degli italiani a portare i soldi in Svizzera, o sempre da Plus “Ecco gli strumenti con cui i patrimoni escono dall’Italia”

Oggi le ragioni per portare i soldi all’estero sono tre: i timori legati a un aumento dello spread, un’eventuale patrimoniale e il rischio (estremo) di ridenominazione dell’euro.

L’articolo poi spiega, piuttosto sommariamente e senza approfondire, i vari strumenti: conto in Svizzera, conto in paesi UE, strumenti finanziari di vario tipo. Se hai già letto gli ultimi articoli sul nostro sito, saprai già che nessuna soluzione può proteggere al 100{cfaa4a40fd1a60bc21675abdbe42038c1fd85cb1b875307fe9a29967d6ec50ce}, ma sicuramente ci sentiamo di dire che il conto in Svizzera è una delle più sicure (soluzione preferibile, per esempio,  all’apertura di rapporto presso altri paesi UE).

Ci sentiamo infine di condividere il pensiero di Gianmaria Mossa, Ad di Banca Generali (banca che recentemente ha fatto acquisizioni in Svizzera), anche perché di fatto sono le stesse idee che abbiamo già rilasciato in passato su questo sito:

C’è un eccesso di attenzione al breve e non al lungo termine, sottovalutando i fondamentali del Paese. Le lunghe discussioni intorno alla legge di bilancio, prima ancora che fosse conclusa e spiegata, hanno acuito le tensioni tra gli investitori. Il nodo è il debito del Paese, non la sua ricchezza privata o la capacità dei suoi imprenditori. In un mercato poco liquido questa situazione ha accentuato l’allargamento dello spread. Ma non dimentichiamoci che fino a pochi mesi fa gli stessi investitori compravano il debito italiano con lo spread meno allettante a 120 punti e il Paese allora non era poi così diverso da quello di oggi.

Il rischio insomma non c’è da oggi, i fondamentali dell’Italia sono pessimi da tempo. Contestualmente però ora è presto per allarmarsi e magari seguire le sirene di qualcuno che propone soluzioni costose come fiduciarie o sicav/fondi esteri/polizze pieni di commissioni e magari nemmeno così adatti a proteggersi. Certo, come ripetiamo spesso, il rischio esiste per cui è utile esser pronti in casi estremi. Ma per farlo basta avere un conto in Svizzera già aperto su cui spostarsi al momento di vere crisi. E per farlo ti basta poco leggendo la nostra guida.

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2 commenti su “Rischio Italia – come proteggersi?”

  1. Buonasera, so che potrà sembrare una domanda piuttosto apocalittica, ma mi permetto cortesemente di porverla.
    Nel caso (malaugurato, almeno dal mio personalissimo punto di vista) l’Italia tornasse alla Lira, non esiste la possibilità che, tramite opportuni accordi internazionali, lo Stato dichiari fuorilegge i capitali, regolarmente denunciati, all’estero e ne imponga l’immediato rientro nel nostro Paese, al fine di convertirli in maniera forzosa in neolire?
    Forse vi parrà un quesito assurdo, ma tra le varie leggende metropolitane circolanti sull’esportazione di soldi all’estero, ho senyito anche questa.
    Le altre, quelle più note come la bufala dei conti cifrati o dei costi stratosferici delle banche svizzere, le avete già opportunamente sfatate voi in altri articoli.
    Grazie in ogni caso per il vostro lavoro e un sincero augurio di buone feste, visto anche l’approssimarsi del Natale.
    Camilla Cavazzi

    • Premesso che nessuno può prevedere ciò che succederà, mi sento di dire con sicurezza che l’ipotesi è impossibile. Già in altri paesi hanno vissuto esperienze simili e in questo caso chi si è salvato è proprio chi aveva capitali all’estero. In ogni caso uno Stato non può imporre nulla a banche estere, a maggior ragione quelle svizzere (magari un minimo di possibilità, ma molto minimo, c’è con quelle della UE). Così come non può imporre il rientro dei capitali, violerebbe le regole della libera circolazione di merci e valute.

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