Chi segue la Borsa avrà notato il calo delle quotazioni delle banche italiane. Il motivo? Come scrive il Sole 24 Ore:
I titoli dei principali istituti di credito hanno imboccato la strada del ribasso la scorsa settimana, dopo la nuova stretta della Bce in tema di crediti in sofferenza e oggi hanno continuato a perdere terreno. L’istituto centrale ha indicato che i crediti deteriorati maturati a partire dall’anno venturo dovranno essere coperti al 100{cfaa4a40fd1a60bc21675abdbe42038c1fd85cb1b875307fe9a29967d6ec50ce}. In più nel messaggio principale che il regolatore ha inviato alle banche si indica che dopo sette anni che i crediti sono classificati come crediti deteriorati (Npe) devono essere svalutati a zero, anche se esistono dei collateral. Questo comporterà probabilmente accantonamenti annuali.
La continua pressione della Bce in tema di crediti deteriorati spinge la maggior parte degli analisti a un giudizio di prudenza sul comparto delle banche.
Il problema per l’Italia è che la politica europea è profondamente cambiata con le ultime elezioni in Francia e soprattutto in Germania. I risultati elettorali tedeschi non possono che portare un governo più nazionalista e rigorista, meno propenso perciò a fare concessioni ai paesi indebitati europei. Le parole dell’ormai ex ministro delle Finanze tedesco Schauble (fonte Corriere) sono significative:
La Germania propone «un meccanismo di ristrutturazione dei debiti dotato di prevedibilità, per garantire una corretta condivisione degli oneri fra lo Esm (il fondo salvataggi dell’area euro) e i creditori privati». In altri termini, come spiegato più volte dal «Corriere», Berlino vuole che si applichino sui titoli di Stato meccanismi simili a quelli che riguardano già le banche in dissesto: quando c’è un intervento di salvataggio, gli investitori in titoli di Stato devono subire perdite in modo da ridurre l’ammontare del prestito di emergenza del fondo salvataggi europeo. … diffonde l’impressione che qualcuno in Germania intenda spingere alcuni Paesi verso un default nell’euro, in modo da non doversi più preoccupare dei debiti degli Stati deboli.
Come riporta l’articolo del Corriere, solo l’intervento americano bloccò l’uscita della Grecia dall’Euro. Oggi è molto più difficile pensare che gli Usa intervengano in una nuova crisi dei debiti europei (e anche se ci fosse un intervento, non è detto che Germania e Francia questa volta si adeguino, considerando anche i rapporti con Trump).
Al nuovo panorama politico europeo, si aggiungono ulteriori elementi di incertezza, tutti di segno contrario:
- il Quantitative Easing di Draghi è ormai in scadenza con conseguente rialzo di tassi di interessi e spread (e quindi aggravamento del debito pubblico degli stati indebitati);
- lo stesso Draghi verrà sostituito nel 1° semestre 2018 e il successore sarà probabilmente scelto tra i sostenitori del rigore;
- le elezioni politiche in Italia nella prossima primavera, il cui esito, stando agli attuali sondaggi, non vedrebbe alcuna possibilità di un governo stabile di maggioranza che serve al paese.
E ci aggiungo anche la situazione catalana che può riportare in alto le tensioni in Europa, colpendo in particolare la Spagna, ma di riflesso anche gli altri paesi che sono visti come “vicini” geograficamente e politicamente.
La nuova filosofia economica che percorre l’Europa e la BCE si evidenzia anche nella proposta di modifica delle norme sul bail in bancario che per la prima volta esplicitano la possibilità di blocco dei conti correnti. Citando ancora un altro articolo del Sole 24 Ore:
… le modifiche messe in cantiere sulle procedure da seguire nelle crisi bancarie. I progetti in discussione sono diversi, ma quello più assurdo e pericoloso è uno in particolare: assegnare alle autorità di vigilanza europee il potere di intervento ex ante in una possibile crisi bancaria, anche bloccando per i giorni necessari sia i suoi bancomat che i prelievi di denaro nelle filiali da parte dei correntisti.
Nonostante tutto questo, poco in Italia se ne parla. La tranquillità prima della tempesta? Non è ovviamente detto che le proposte vadano tutte in porto, ma è evidente che il segnale è univoco. Il 2018 sarà l’anno dei falchi e le prede saranno la Spagna (alle prese con la crisi catalana) e l’Italia (che probabilmente dovrà ricorrere ad un governo tecnico, magari pure di minoranza) oltre a Grecia e Portogallo. Per questo meglio non vivere nell’illusione e farsi cullare dall’attuale apparente tranquillità. Dati alla mano, i numeri economici e finanziari italiani sono peggiori rispetto al 2011. I rischi quindi possono riaffacciarsi con la fine del QE e le prossime elezioni.