Rischio patrimoniale in Italia con gli accordi europei

Nel vertice UE del prossimo 12 dicembre sarà in discussione la bozza di accordo sul MES (o ESM), accordo che poi dovrebbe comunque esser ratificato da ogni Stato. I tempi sono ancora lunghi ma è un accordo che si annuncia pericoloso per l’Italia e soprattutto per i risparmiatori italiani.
Eppure sui giornali se ne è parlato poco, a parte per la polemica politica sottostante. Solo il Sole 24 Ore ha chiarito i rischi per il nostro paese, che non sono pochi

Il Mes è il fondo cosiddetto “SalvaStati” che dovrebbe appunto intervenire quando uno Stato, ma anche il suo sistema bancario, va in difficoltà. Il problema del Mes è che si rivelerebbe un boomerang proprio per l’Italia. Se passerà la riforma, i Paesi meno virtuosi che non rispettano i parametri di Maastricht subiranno un’analisi sulla ‘sostenibilità’ del debito prima di ricevere i prestiti. E se avranno un parere negativo dovranno più o meno ristrutturarlo.

Come evidenziato nell’articolo del Sole, la maggior parte del debito italiano, oltre il 70{cfaa4a40fd1a60bc21675abdbe42038c1fd85cb1b875307fe9a29967d6ec50ce}, è detenuta da residenti, direttamente o indirettamente (tramite fondi di investimento, fondi pensione o polizze): “Il che significa che l’onere ricadrebbe su famiglie e imprese italiane per le quali si tratterebbe in sostanza di una tassa di grandi dimensioni, in quanto tale destinata a deprimere la domanda interna. In tutte le ristrutturazioni del passato invece la maggior parte del debito era detenuto da non residenti”.

Il paragone con la Grecia è immediato. Lo stato ellenico attuò tagli del debito per oltre il 50{cfaa4a40fd1a60bc21675abdbe42038c1fd85cb1b875307fe9a29967d6ec50ce} del suo valore facciale fra marzo e dicembre 2012, ma il suo debito era in gran parte detenuto da non residenti. Uno Stato come l’Italia con un debito del 132{cfaa4a40fd1a60bc21675abdbe42038c1fd85cb1b875307fe9a29967d6ec50ce}, dovrebbe attuare un taglio simile per ridurre il debito di almeno 50 punti di Pil.

Una ristrutturazione in Italia avrebbe quindi effetti negativi sulla domanda interna, perdite per le banche e le assicurazioni, un nuovo restringimento sul credito, difficoltà a finanziarsi sui mercati anche per le aziende di maggiori dimensioni. Sarebbe di fatto una patrimoniale, senza neppure la possibilità di tentare una distribuzione equa tra i cittadini.

In Italia il tema non è stato ben discusso, salvo polemiche politiche. Ma molti esponenti istituzionali e non hanno fatto sapere la loro opinione.

Btp a rischio

C’è poi un altro rischio per banche e risparmiatori italiani.
Il Mes prevede anche l’impegno a introdurre dal 2022 in tutte le emissioni di titoli pubblici nuove clausole contrattuali (dette single limb collective action clauses), il cui scopo è di facilitare la ristrutturazione dei debiti.
Chi comprerà nuovi titoli non avrà più la garanzia giuridica di rivalersi su uno Stato che ristruttura il debito. Il rischio è che nessuno compri più i titoli di Stato italiano.

Come dichiara Cottarelli “Ora si sta discutendo delle regole che deve seguire questo fondo salva-Stati, perché i Paesi del nord Europa vorrebbero che diventi più probabile la ristrutturazione del debito. Il rischio, a questo punto, è che gli investitori scappino”.

Dello stesso parere è il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: “I piccoli e incerti benefici di una ristrutturazione del debito devono essere ponderati rispetto all’enorme rischio che il mero annuncio di una sua introduzione possa innescare una spirale perversa di aspettative di default. Dovremmo tutti tenere a mente le terribili conseguenze dell’annuncio del coinvolgimento del settore privato nella risoluzione della crisi greca dopo il vertice di Deauville a fine 2010”. Lo stesso rischio che ricorda anche l’’ex ministro Tremonti.

Il presidente dell’Abi Patuelli ha già chiarito un altro rischio: “se cambiano le regole , le banche italiane che ora hanno in portafoglio circa 400 miliardi di debito pubblico, non acquisteranno più Btp”.
Conseguenza della clausola voluta dalla Germania per togliere l’etichetta di debito privo di rischio ai titoli di Stato. Questo comporterebbe per le banche italiane il dover coprire il rischio dei 400 miliardi detenuti o dei nuovi Btp acquistati. Ovvio che se di fronte all’acquisto di un Btp, la banca deve accantonare una certa somma a garanzia, visto anche i tassi attuali, l’operazione non è più conveniente.

Seppur tolta dai testi ufficiali, riecheggia quindi sotto le righe la proposta di patrimoniale che da tempo per i paesi del nord è la soluzione per il debito italiano. Non a caso spesso si parla impropriamente della ricchezza degli italiani, grandi risparmiatori.
Strano che, almeno in Italia, non si sia imparato nulla dall’accordo sul bail in sulle obbligazioni bancarie che poi ha portato alle crisi di diverse banche saldate dai contribuenti (stima salvataggi oltre 20 miliardi di euro, senza considerare la partecipazione, in forte perdita, dello Stato in MPS).

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